La formula di Next? E’ tutta in in video di due minuti, girati sabato sera a Milano, ma prima vorrei dirvi una cosa. La formula di questo “spettacolo mai visto” come lo definisce Ezio Mauro non la conosco neanche io. La cerchiamo ogni volta, inseguendo storie agitate dalla passione e dai sogni ma anche da una grande concreta voglia di futuro. La ricerca può durare tanto o poco, non lo sai, non lo puoi sapere. Poi all’improvviso sul palco sale qualcuno e succede quella magia per cui ti dici, sì è per questo che lo facciamo, per dirci che cambiare il mondo è possibile e per ringraziare quelli che hanno iniziato a farlo prima di noi. A Milano questa magia sabato sera è accaduta tante volte, ma soprattutto una. Era una tappa difficile. La prima della nuova serie, la prima di un tour che ci vedrà in altre nove città. Con una formula rinnovata (e ancora da assestare: abbiamo sperimentato varie cose, alcune le taglieremo). Anche l’invito ai milanesi era stato un last minute. Verranno?, ci eravamo chiesti fino all’ultimo, verranno in un sabato di primavera a sentire parlare di innovazione in un teatro? E’ andata così. Alle 1930 Ezio Mauro ha finito la sua #eziomagistralis “perché il giornalismo non morirà mai” (il titolo è mio ma: mai visto uno parlare per un’ora e dieci filata, senza una esitazione, un inciampo, un sorso d’acqua. Alla fine ho cercato invano nella sua nuca il caricatore delle batterie segrete…).
Il teatro era gremito “e fuori ci sono almeno 400 persone, la strada è bloccata che facciamo?”, mi ha chiesto preoccupato il responsabile del Piccolo. E io: “Che facciamo? Fateli entrare!”. Non si poteva ovviamente. Quando succedono queste cose sei felice e dispiaciuto assieme: dispiaciuto per chi sai che resterà fuori, ma felice perché il teatro, sabato sera, era magia pura. Parlo del Teatro Studio, una piazza praticamente, con i balconi dove affacciarsi e i più giovani seduti per terra con noi, come se fossimo nel salotto di casa. Mai visto così gremito, io: neanche quando nel 2009 da qui feci partire la campagna per candidare Internet al premio Nobel per la Pace. La febbre del sabato sera sabato 29 marzo è diventata l’innovazione. Miracolo a Milano.
E poi sono successe tante cose belle. Avevo chiesto a Matteo Terzi, che molti in rete conoscono come Soltanto, di entrare nella pausa, come se fosse in una vera piazza, in mezzo alla strada e di iniziare a suonare così, lui che per tre anni ha suonato nelle strade di mezza Europa prima del crowdfunding, del disco e del tour. E Lo ha fatto, ed era bravo, e la gente applaudiva. Poi alle otto in punto, come d’accordo Matteo si è spostato nella zona palco, sulla destra, dove avevamo disposto dei cubi colorati come sedute. Si è accomodato e la chitarra ha continuato a suonare mentre lui taceva per far spazio alle parole che sarebbero arrivate. E’ entrato in scena Umberto Galimberti, il filosofo, lo psicologo: un grande. Gli avevo chiesto: fai una lettera ai giovani tu che hai scritto un libro sul loro nichilismo. E lui: “Non sarà una lettera”. E’ stata una non lettera: bellissima, intensa, calda. Cambiate tutto, ecco, la potrei sintetizzare così se dovessi. E qui abbiamo iniziato e non vi farò la cronaca di tutto perché da lì in poi è durata quattro ore e mezzo (troppe, lo so, sfoltiremo un po’ le prossime scalette) e non tutti gli interventi sono stati super, è inevitabile che sia così quando ne hai 48… Ma se potete nei prossimi giorni andate a cercare l’apertura di Elena Cattaneo sulla scienza e le donne; uno strepitoso Fabio Novembre sul senso dell’arcobaleno nelle nostre città e nelle nostre vite; l’orazione vegana di Paola Maugeri; il “rap” di Nissan e Frank che erano appena tornati da Nairobi dove avevano consegnato il primo stock di computer da 7 dollari ai bambini; e il pitch teatrale delle due ragazze di Cucina Mancina che hanno vinto la startup competition a notte ormai fonda…
E il video di due minuti? E’ stato un autentico regalo. Tutto è accaduto durante la presentazione del progetto di Mario Vigentini Mario’s way. Lo avevo scoperto qualche settimana fa su un sito di crowdfunding e ne ero rimasto folgorato: una carrozzina per non vivere da disabili, stare all’altezza degli altri, guardarsi negli occhi. Un oggetto di design bellissimo tra l’altro, uno dei migliori esempi di quella cultura maker di cui tanto parliamo. Mario è entrato in scena all’inizio della serata. Nel pomeriggio aveva saltato le prove per un imprevisto e non sapevo cosa avrebbe fatto. Ha improvvisato. Ha raccontato con passione il suo progetto, ha mostrato un video struggente e poi ha invitato sul palco due persone: una ballerina, bellissima, con un abito rosso, ed un ragazzo, alto, in jeans e camicia a quadri, su Mario’s Way, la nuova carrozzina. Dalla regia è partita la musica di un tango. E loro hanno iniziato a ballare. La ballerina bellissima e il ragazzo disabile sulla carrozzina. Si prendevano e si lasciavano. Si giravano attorno. Si cercavano e si allontavano. Come in un vortice. Guardandosi negli occhi.
E’ durata due minuti, questa danza magica, ed io ho ancora i brividi addosso mentre lo scrivo, 24 ore dopo.